TRANSLATORICA & TRANSLATA 2, 2021
https://doi.org/10.18778/2544-9796.02.02

Piotr Kowalski

Università di Łódź, e-mail: piotr.kowalski@edu.uni.lodz.pl
https://orcid.org/0000-0001-5265-6667


Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini nelle traduzioni inglesi e francesi – rivisitazioni moderne

Riassunto

L’articolo contiene un’analisi comparativa tra originali traduzioni in francese e in inglese di Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini pubblicate rispettivamente nel 1958 e 1968 e le nuove versioni pubblicate nel 2016. L’analisi è basata su diversi aspetti come le scelte tra l’esotizzazione e l’addomesticamento; il modo in cui i traduttori hanno affrontato il problema del plurilinguismo nel testo di partenza che collega l’italiano standard, il dialetto romano e il gergo della malavita romana; strategie che riguardano per esempio gli antroponimi caricati semanticamente.

Parole chiave: traduzione letteraria, dialetto romano, Ragazzi di vita, Pier Paolo Pasolini

English and French translations of Pier Paolo Pasolini’s Ragazzi di vita – modern reinterpretations

Summary

This article contains a comparative analysis between original French and English translations of Pasolini’s Ragazzi di vita first published respectively in 1958 and 1968 and new versions both published in 2016. The analysis is based on several factors, such as choices between foreignization and domestication; the way in which translators dealt with multilingualism of the source text, which combines Italian, the Romanesco dialect and the Rome’s lowlife jargon; strategies regarding semantically loaded anthroponyms.

Keywords: literary translation, Romanesco dialect, Ragazzi di vita, Pier Paolo Pasolini

Introduzione

Ragazzi di vita è un romanzo particolare per molti versi. La sua pubblicazione nel 1955 marca il vero e proprio esordio di Pier Paolo Pasolini. Nonostante che l’autore avesse già pubblicato a proprie spese una raccolta di poesie in friulano nel 1942, fu il suo primo romanzo a lanciare la sua carriera artistica pluridisciplinare, aprendogli le porte del mondo cinematografico. Il libro, che narra le vicende di Riccetto, un pischelletto romano sottoproletario, può essere visto come l’annuncio del futuro operato di Pasolini. Infatti, non pochi sono i temi e le caratteristiche che comparvero in Ragazzi d vita e che poi furono rielaborate e sviluppate in altre opere pasoliniane lungo tutto l’arco della carriera dell’autore: l’interesse per i dialetti, il mondo dei giovani sottoproletari, la scabrosità.

Parlando del romanzo non si può omettere la questione linguistica: i personaggi si esprimono nel dialetto romano scrupolosamente raccolto e documentato da Pasolini per le strade di Roma durante i cinque anni della difficile stesura, iniziata subito dopo l’arrivo dello scrittore nella capitale nel 1950 (De Laude 2018: 13). Il romanesco mischiato con il gergo della malavita svolge numerose funzioni, tra le quali spiccano quella immersiva e ideologica (Mannino 1974: 69): il dialetto permette al lettore di avvicinarsi ai personaggi e al mondo che rappresentano, contribuendo alla superiorità del vernacolo rispetto all’italiano standard. Karol Jóźwiak vi vede anche la “negazione della letteratura” e l’avvicinamento alla retorica che assomiglia Pasolini a Dante. Infatti, il Sommo Poeta trattava la Commedia come un trattato o un’opera dottrinale. Il procedimento dell’autore friulano consiste, appunto, nell’uso del dialetto romano che contribuisce alla rottura con il perfezionamento estetico della scrittura, mettendo l’accento sulla funzione impressiva e sullo scopo di affascinamento del lettore (Jóźwiak 2019: 65). Va notato che si tratta di un linguaggio grezzo e primitivo quanto alla complessità lessicale; infatti, nel corso della stesura del romanzo Pasolini eliminò parecchie espressioni giudicate troppo sofisticate per i personaggi con un vocabolario ristretto (Montebello 2007: 572).

L’uso del romanesco nel romanzo piacque al pubblico al punto che l’intera tiratura della prima edizione fu esaurita nel corso di due settimane (De Laude 2018: 105). Per di più, il successo del romanzo contribuì al fatto che negli ambiti artistici si cominciò a vedere in Pasolini un esperto in tutto quello che riguardava gli ambienti proletari romani e soprattutto nel dialetto romano odierno. E così fu invitato da Federico Fellini a lavorare su Notti di Cabiria in qualità di consulente linguistico (Adams Sitney 1994: 171).

Ma ciò che costituisce una delle caratteristiche più significative del romanzo, crea anche delle importanti difficoltà per i traduttori. Il dialetto usato accanto alla lingua standard con lo scopo di creare una determinata dinamica linguistica risulta in un elevato grado di intraducibilità. Nessun paese europeo può vantarsi di una situazione linguistica paragonabile alla frammentazione dialettale italiana e, soprattutto, di un dialetto che presenti le stesse caratteristiche sociolinguistiche del romanesco, come l’intensità variabile delle forme dialettali lungo l’asse diafasico-diastratico.

D’altra parte, secondo uno dei pionieri della traduttologia polacca, Olgierd Wojtasiewicz, l’intraducibilità del dialetto risulta minore dove esso è mischiato con il gergo di malavita (Wojtasiewicz 1957: 89), e così è nel caso di Pasolini.

Grazie al successo nazionale del romanzo e il suo indisputabile valore, nel corso di pochi anni ci si interessarono le case editrici degli Stati Uniti, Francia e Argentina. Mentre il caso delle traduzioni spagnole è stato esaustivamente studiato in un articolo di Maria Isabella Mininni (Mininni 2011), le edizioni francesi e americane meritano ancora un’analisi, soprattutto visto che negli ultimi anni il romanzo è stato ritradotto sia in inglese che in francese dopo cinquant’anni di continue ristampe (vedi infra).

Questo articolo ha lo scopo di fornire un’analisi delle traduzioni in inglese e in francese del romanzo, paragonandole sia per quanto riguarda le versioni recenti con quelle che hanno funzionato sui mercati editoriali per quasi mezzo secolo sia quanto alle strategie traduttive adottate dai traduttori di due ambienti linguistico-culturali diversi. Le domande di ricerca sono principalmente due:

  1. Quali sono le differenze tra le traduzioni di cinquanta, sessanta anni fa e quelle fatte negli ultimi anni?
  2. Quali sono le differenze tra le traduzioni in inglese e in francese? Sono esse costanti tra le traduzioni degli anni Cinquanta e Sessanta e quelle del ventunesimo secolo?

Per risponderci si è ricorsi al metodo di analisi dei testi paralleli, ossia l’accostamento delle quattro traduzioni prese in considerazioni: Les ragazzi di Claude Henry del 1958; la nuova versione francese del 2016 sotto lo stesso titolo curata da Jean-Paul Manganaro; The Ragazzi di Emile Capouya del 1968 e The Street Kids di Ann Goldstein del 2013. Un esempio di tale procedimento è fornito nella Tabella 1 alla fine dell’articolo. L’analisi è basata su fattori come le scelte tra l’esotizzazione e l’addomesticamento (Venuti 1998: 23), il modo in cui i traduttori hanno affrontato il problema del plurilinguismo nel testo di partenza, strategie che riguardano gli antroponimi caricati semanticamente e testi poetici intrecciati nel testo. Alla descrizione di ognuna delle traduzioni elencate sopra è dedicato un capitolo.

The Ragazzi di Emile Capouya

La prima traduzione inglese del romanzo uscì nel 1968 alle spese della casa editrice Grove Press negli Stati Uniti. Il compito fu affidato a Emile Capouya, editore e critico statunitense. La sua traduzione è caratterizzata da un annientamento dei contenuti dialettali, ossia la loro neutralizzazione (Berezowski 1998: 49). La si nota nella battuta citata nella Tabella 1: “C’aspetti ar Marechiaro, ha’ ccapito, ar Marechiaro... Lì indovve ce sta ’a pista, lì davanti...” viene tradotto come “We’ll meet you at Marechiaro, got that? Marechiaro. Over where the dance floor is, right in front of it.” Le differenze tra la lingua della narrazione e il linguaggio dei personaggi sono poche e si limitano quasi ad una aumentata frequenza dei volgarismi. Il colore locale dovuto all’uso del romanesco viene letteralmente lost in translation.

Nel titolo The Ragazzi si nota un’ovvia esotizzazione che approfitta di uno dei lessemi italiani stereotipati. D’altra parte, in questo modo si scosta dal contenuto semantico originale, anche questo legato al dialetto romano e il più ampio significato che vi assume la parola “vita”. Come chiarì davanti al Tribunale di Milano Pasolini stesso, Ragazzi di vita vuol dire “ragazzi di malavita” (Betti 1977: 5). E quella malavita nel titolo tradotto non c’è.

Come è stato notato sopra, la maggioranza delle caratteristiche del romanesco parlato dai protagonisti fu eliminata. Ma alcune persisterono, come per esempio l’apocope degli antroponimi (Marcè per Marcello e così via) tipica non soltanto del romanesco ma anche dell’italiano regionale romano.

Continuando con gli antroponimi, la strategia che li riguarda risulta curiosa – la maggioranza fu lasciata in originale, incluso il nome del protagonista Riccetto. Tale procedimento si iscriverebbe nella strategia di esotizzazione ma vi manca la coerenza: per qualche motivo il traduttore decise di tradurre alcuni nomi dei personaggi secondari o persino terziari. E così lo Spudorato divenne Wise Guy e i suoi compagni, il Pecetto, il Bassotto e il Ciccione: Tar Baby, Shorty e Fats. Oltre alla coerenza si potrebbe polemizzare con alcune scelte degli equivalenti inglesi e chiedere per quale motivo lo Spudorato venne tradotto come Wise Guy quando il senso della parola italiana non ha niente a che fare con la proposta del traduttore.

Per quanto riguarda i toponimi va menzionato l’uso dell’articolo determinativo the davanti ai nomi propri relativi alla geografia urbana: the Via Donna Olimpia, the Via Veneto, the Monte di Splendore, the Ponte Garibaldi, the Ponte Sisto, the Cupolone e così via. Tale procedimento è oggi considerato erroneo (Biber et al. 2006: 246), tuttavia è tipico dei testi scritti negli anni Cinquanta e Sessanta[1].

Le poesie intrecciate nel testo furono tradotte senza citare parallelamente le versioni di partenza, ma curiosamente le traduzioni di uno dei componimenti di Giuseppe Gioachino Belli che apre il quinto capitolo del libro e di due terzine dell’Inferno di Dante che aprono il sesto vennero inserite solo in note a piè pagina mentre nel testo vi sono dei testi in italiano.

Quanto alla sintassi, la traduzione di Capouya dimostra un elevato grado di fedeltà alla costruzione di frasi, anche lì dove la sintassi italiana risulta complicata, con delle ipotassi abbondanti come nella prima pagina del libro. D’altre parte, l’ordine delle frasi viene ogni tanto modificato quando si tratta del discorso diretto e lì dove nel testo di partenza le battute di personaggi sono spezzate, nella traduzione compaiono ininterrotte.

The Street Kids di Ann Goldstein

Nel 2016, dopo quasi cinquant’anni di continue ristampe della traduzione di Capouya, alle spese della casa editrice statunitense Europa Editions è uscita una nuova traduzione, questa volta a opera di Ann Goldstein, una delle poche star tra i traduttori letterari. Il suo successo è dovuto, tra l’altro, alle traduzioni di Elena Ferrante. Da notare che il suo nome compare sulla copertina in una sorta di tagline: “A contemporary Italian classic in a new translation by ANN GOLDSTEIN”. Purtroppo, sembra che l’editore abbia usato il nome della traduttrice non tanto per mettere in valore il suo contributo, che fortunatamente sta diventando uno standard editoriale (Jarniewicz 2012: 10), ma al fine di pubblicizzare il prodotto grazie al successo di Goldstein.

Il titolo si allontana alquanto dalla traduzione di Capouya: qui la traduttrice ha optato per un netto addomesticamento che d’altra parte si avvicina semanticamente all’originale. Gli street kids ovvero “bambini di strada” presentano delle ovvie connotazioni con la povertà, l’essere senzatetto e la piccola malavita che è esattamente ciò che vuol dire “vita” nel titolo originale e che concorda con il contenuto del romanzo.

Sorprendentemente il titolo è forse la maggior differenza tra la nuova traduzione e quella del 1968. La traduttrice non cerca di rendere l’alternanza tra la lingua standard e il dialetto, optando solo per una leggera colloquializzazione che consiste soprattutto nell’uso dei volgarismi, a volte anche più vistosi che nell’originale dove Pasolini autocensurò delle parolacce come “cazzo”, sostituendole con dei punti di sospensione. Curiosamente il linguaggio colloquiale parlato dal Riccetto e compagni nella traduzione presenta tratti tipicamente americani, come l’interiezione boy.

La caratteristica più inaspettata riguarda gli antroponimi. Infatti, Goldstein ha deciso di tradurre gli stessi nomi propri che Capouya, quindi relativi ad alcuni dei personaggi secondari, lasciando intatto, ad esempio, il nome del protagonista Riccetto. I nomi che la traduttrice decise di tradurre sono esattamente gli stessi che nel caso della traduzione precedente, quindi, tra l’altro: lo Spudorato, il Pecetto, il Bassotto e il Ciccione. Ma bisogna constatare che le proposte di Goldstein sono più fortunate di quelle di Capouya, rispettivamente Shameless, Blackie, Shorty and Fatty. D’altra parte, le ragioni di questa incongruità sono di difficile comprensione visto che anche il nome del protagonista, Riccetto, porta un valore semantico palese e traducibile, ad esempio come Curls o Curly.

Un’altra differenza tra le due traduzioni riguarda i toponimi: Goldstein non usa l’articolo determinativo the davanti ad essi, il che concorda con le raccomandazioni delle grammatiche moderne (Biber et al. 2006: 246). Inoltre, nella nuova traduzione si nota una maggior frequenza delle tecniche di esotizzazione, ad esempio il narratore si riferisce ai ragazzi del Trastevere usando sia l’equivalente descrittivo inglese the boys from Trastevere che la parola italiana “Trasteverini”.

Merita apprezzamento la tecnica con la quale la traduttrice americana ha tradotto i testi delle canzoni che ogni tanto compaiono nel romanzo – le traduzioni si trovano di sotto alle parole italiane che è ormai un procedimento standard nelle traduzioni poetiche ma spesso trascurato nel caso delle poesie intrecciate in prosa. D’altro canto, le brevi citazioni di Tolstoj, Belli e Dante che aprono i capitoli compaiono solo in versioni tradotte.

Per quanto riguarda la sintassi, non vi sono delle differenze vistose sia tra la nuova traduzione inglese e il testo di partenza. Tuttavia, le proposte di Goldstein sono a volte più fedeli al testo originale nel caso dei dialoghi: laddove nell’originale essi sono spezzati dai commenti del narratore, la rottura persiste nella traduzione mentre la versione di Capouya ogni tanto cambia l’ordine degli elementi di un dialogo, lo si nota, per esempio, nell’episodio del bagno nell’Anienie dove Goldstein preserva l’ordine originale “«Uh-uh,» Ricetto said then, «I won’t throw you in the river!» «Are you gonna make that dive, Riccè?» Agnolo shouted sarcastically. “First I gotta pee, Riccetto answered […]”, Capouya lo cambia “«No, no,» said Riccetto, «I won’t throw you into the river.» Agnolo yelled sarcastically, «You diving, Riccè?» «I got to take a leak first,» Riccetto answered […]”. Per fornire un punto di riferimento, citiamo anche il testo di partenza: “«None,» gli disse allora il Riccetto, «nun te ce butto a fiume!» «Te lo fai sto caposotto, a Riccè?» gli gridò ironico Agnolo. «Famme fà prima na pisciata,» rispose il Riccetto […]”.

Les ragazzi di Claude Henry

La prima edizione francese del romanzo fu pubblicata solo tre anni dopo l’originale italiano, nel 1958, quando Pier Paolo Pasolini era ancora un autore ignoto al livello internazionale. Les ragazzi furono dati alle stampe dall’editore parigino Buchet-Chastel, all’epoca conosciuto soprattutto per le collaborazioni con autori francofoni come Charles Plisnier, Maria Le Hardouin e Pierre Molaine. Il libro fu tradotto dall’italiano da Claude Henry, un traduttore completamente sconosciuto che apparentemente non fece nessun’altra traduzione letteraria nella sua carriera. Infatti, il suo nome compare esclusivamente nei testi dedicati al primo romanzo di Pasolini.

Nella traduzione del titolo si nota lo stesso procedimento che nella prima versione inglese, uscita dieci anni dopo. Ma qui le similitudini con la traduzione inglese di Emile Capouya finiscono. Sin dal primo capitolo del romanzo si notano delle differenze non trascurabili. Il traduttore assunse una complessa strategia basata sull’addomesticamento e sulla stilizzazione gergale come tecnica del trasferimento della dinamica lingua-dialetto. Cominciando con gli antroponimi, Henry trovò degli equivalenti francesi per la maggioranza dei soprannomi significativi e così il Riccetto divenne le petit Frisé, il Cappellone le Chapeau-Pointu e il Caciotta le Fromegi.

Il traduttore francese risolse il problema dell’intraducibilità del dialetto tramite una colloquializzazione lessicale che consiste nell’uso del linguaggio colloquiale e l’argot, “il linguaggio speciale delle classi pericolose della società” (Schwob 2004: 8; trad. italiana dello scrivente) che è un equivalente accurato per quanto riguarda il gergo della malavita romana. L’argot usato dal traduttore è ricco e perciò questa strategia permise di compiere un compito difficile della traduzione funzionale della dinamica tra l’italiano standard e il romanesco; le funzioni da essa svolte nel testo di partenza (come la funzione realistica o immersiva) sono identificabili anche nella traduzione. L’uso dell’argot fa cenno all’appartenenza sociale dei personaggi, inserendoli nello stesso contesto della versione italiana, cioè quello del sottoproletariato urbano e piccola malavita. Henry non omise di accennare nella sua traduzione alle differenze fonologiche tra le battute dei personaggi e i commentari del narratore. Lì dove nel testo di partenza vi è il dialetto romano, nella traduzione si nota l’uso di eye dialect che consiste nella resa grafica delle caratteristiche del parlato familiare. Nelle battute dei personaggi nella traduzione si nota un uso frequente di apocopi ed elisioni tipiche del francese colloquiale. Ciononostante, alcune caratteristiche del romanesco come il rotacismo vennero neutralizzate e quando le petit Frisé si presenta alla famiglia dello stracciaiolo Antonio, pronuncia il suo nome come “Di Marzi Alfredo” invece di “De Marzi Arfredo” del testo originale. Un simile procedimento riguarda la traduzione del titolo del primo capitolo del libro, Ferrobedò, reso come Le Ferro-Bedon in francese. Il traduttore invertì la caduta della consonante finale tipica per il romanesco ma estranea al francese colloquiale, nello stesso tempo preservando la lenizione della consonante finale.

D’altra parte, vi sono alcuni cambiamenti semantici difficilmente spiegabili. La fame che ogni tanto soffrono i personaggi del romanzo venne sostituita con la fatica. La frase come “Tengo na fame che me cago sotto” divenne “Je me sens tellement flagada [...], que j’en chierais mes pantalons”. Flagada è una parola del registro familiare che significa stanchezza.

Un altro problema chiave nella vita dei protagonisti, i soldi, furono tradotti con l’anglicismo cash. L’uso della parola inglese nei registri familiari del francese è talmente frequente che l’Académie Française vi ha dedicato un articolo sul suo sito[2]. La scelta di questo equivalente si iscrive nella strategia di colloquializzazione vista l’appartenenza diafasica di questo anglicismo.

Tutte le poesie e canzoni incluse nel testo furono tradotte senza citare i testi di partenza.

Dal punto di vista sintattico, i cambiamenti dell’ordine delle frasi e del lato grafico sono molti e a volte anche profondi. Sin dalle prime pagine si nota una nuova divisione del testo in paragrafi, che forse chiarisce e aiuta la lettura, rendendola più scorrevole ma che peraltro costituisce una modifica forte del testo originale che diventa così un’opera a quattro mani. Altri cambiamenti riguardano i dialoghi. Non sono più intrecciati nel testo e citati tra virgolette, la loro resa è stata modernizzata: ogni battuta comincia in una nuova riga ed è introdotta da un trattino che serve anche da separatore tra gli enunciati dei personaggi e il commento del narratore.

La traduzione di Claude Henry dimostra un alto grado di coerenza quanto alle tecniche traduttive che si iscrivono in una ben pensata strategia di addomesticamento. D’altra parte, le scelte del traduttore compromettono la sua invisibilità, il che può spiegare la ricezione negativa della traduzione da parte del critico letterario René De Ceccatty che la chiamò persino “erronea” (De Ceccatty 1998: 18).

Les ragazzi di Jean-Paul Manganaro

La nuova traduzione francese è stata pubblicata nel 2016 dalla casa editrice parigina Éditions Points. È stata curata da Jean-Paul Manganaro, saggista, traduttore e academico specializzato in letteratura italiana moderna, con alle spalle una notevole esperienza nelle traduzioni letterarie, tra l’altro di Italo Calvino. La nuova edizione è arricchita di una prefazione del traduttore, focalizzata sull’analisi filosofica del romanzo e sul suo significato per la carriera di Pasolini. Vi si accenna all’uso del dialetto da parte dei personaggi ma le questioni linguistiche non vengono ulteriormente analizzate. D’altro lato, il frontespizio contiene un’informazione importante dal punto di vista linguistico, vi si legge “Traduit de l’italien (romanesco) et préfacé par Jean-Paul Manganaro”. In questo modo si informa il lettore della particolarità del linguaggio usato nel romanzo.

Nonostante lo stesso titolo, la traduzione presenta delle maggiori differenze rispetto alla versione francese precedente. Cominciando con i nomi dei personaggi, questi non sono stati tradotti e funzionano nel testo senza nessun cambiamento lessicale e in modo coerente – non vi è nessun personaggio il cui nome sia stato tradotto. Si tratta di una scelta cosciente e giustificata da parte del traduttore che ha presentato gli equivalenti semantici descrittivi dei soprannomi significativi nella prefazione, traducendo Riccetto come frisotté, Cappellone grand chapeau, Caciotta fromage, Ciccione gros lard, Lupetto louveteau, Pisciasotto qui se pisse dessous e Roscetto rouquin.

Manganaro non ha ignorato la dinamica linguistica tra il linguaggio di narrazione, il dialetto e il gergo parlati dai protagonisti. Ma la sua strategia è meno radicale di quella del suo predecessore poiché vi si nota un numero minore di parole appartenenti all’argot. Ciononostante, si tratta sempre di una colloquializzazione e un abbassamento del registro anche se la modalità di questo processo differisce dalle tecniche adottate da Henry sessant’anni prima. Sempre si ha a che fare con eye dialect che imita il flusso del parlato trascurato con delle apocopi e sincopi tipiche per il francese colloquiale. Ma a differenza della traduzione precedente, vi si notano anche delle assimilazioni come qu’esse per la costruzione qu’est-ce que.

Le caratteristiche fonologiche del romanesco sono state sostituite da quelle del francese colloquiale e trascurato in modo coerente. Lo si nota già nel titolo del primo capitolo Ferrobedò che qui è diventato Le Ferrobéton tramite l’inversione dei processi fonologici del romanesco. Bisogna accennare che la fabbrica che fa da palcoscenico nelle prime pagine del libro in realtà si chiamava, appunto, “Ferrobeton”[3].

L’esotizzazione va al di là degli antroponimi: il traduttore ha deciso di lasciare alcuni volgarismi italiani e così nel testo francese si trovano delle parolacce come “vaffanc…”. I tre puntini non sono accidentali e riflettono l’autocensura di Pasolini sul testo originale.

L’approccio di Manganaro alle poesie e canzoni citate nel testo del romanzo è simile a quello di Ann Goldstein, l’autrice della nuova traduzione in inglese; quindi, la proposta dell’equivalente francese è collocata di sotto al testo di partenza. Come nel caso della traduzione americana ciò riguarda soltanto le canzoni che compaiono all’interno dei capitoli, mentre le citazioni che aprono alcuni di essi sono tradotte senza includere il testo di partenza.

Anche qui i dialoghi sono contenuti tra trattini e ogni battuta comincia una nuova riga, intanto la divisione in paragrafi originale risulta intatta.

La traduzione di Manganaro non presenta degli evidenti problemi di coerenza, fa impressione di un lavoro studiato e raffinato, il quale oscilla tra l’addomesticamento che comporta le caratteristiche dialettali e l’esotizzazione identificabile nei nomi di personaggi e in una parte di lessico. Il traduttore incluse in alcuni momenti del libro delle note a piè pagina che permettono di capire meglio le nozioni estranee ai lettori francofoni, come quella degli “Apai” (Polizia Africana Italiana).

Conclusioni

L’analisi ha dimostrato che ognuna delle quattro traduzioni presenta delle caratteristiche originali che la fanno differire dalle altre. Queste differenze sono spiegate dalla complessità linguistica del testo di partenza che in realtà è un romanzo plurilingue nel quale convivono almeno tre codici diversi: l’italiano standard (narrazione), il romanesco del basso continuum diastratico e il gergo di malavita romana (battute dei personaggi). Per questo motivo risulta difficile rispondere alla prima domanda di ricerca (quali sono le differenze tra le traduzioni di cinquanta, sessanta anni fa e quelle fatte negli ultimi anni) se la trattiamo in modo generale. Le differenze tra le traduzioni di cinquanta-sessanta anni fa e le rivisitazioni moderne sono nettamente meno vistose dalle divergenze tra le traduzioni in inglese e in francese. Infatti, l’unica caratteristica comune delle nuove edizioni riguarda le strofe di canzoni che ogni tanto compaiono nel testo. Mentre le traduzioni di Capouya e Henry non includono il testo di partenza accanto alle proposte dei traduttori, le nuove traduzioni lo fanno. Tale strategia concorda con la prassi editoriale moderna concernente le traduzioni poetiche.

Tuttavia, se paragoniamo le traduzioni in una lingua a coppie, i risultati sono più significativi. Nella nuova edizione inglese i cambiamenti sono per lo più cosmetici poiché le strategie adottate da Ann Goldstein che concernono gli elementi principali del romanzo (antroponimi, resa del linguaggio dei protagonisti) sono praticamente le stesse che nel caso di Capouya. Inoltre, la traduttrice ripete la stessa incoerenza relativa ai nomi dei personaggi estranea alle traduzioni francesi.

Come si è visto, il livello di cambiamenti tra la traduzione francese di Charles Henry, pubblicata nel 1958, e quella di Jean-Paul Manganaro del 2016 è maggiore e riguarda sia la resa della dinamica lingua-dialetto che la scelta tra l’addomesticamento e l’esotizzazione. Quanto al dialetto, sia Henry che Manganaro hanno optato per una stilizzazione colloquiale e abbassamento del registro ma la differenza sta nell’esecuzione della strategia. Il primo vi è tuttavia più radicale, ponendo in bocca a Riccetto e ai suoi compagni delle espressioni appartenenti all’argot francese mentre la nuova traduzione si limita alla resa grafica delle caratteristiche del parlato trascurato e alla colloquializzazione lessicale. Un’altra differenza vistosa concerne gli antroponimi.

L’analisi ha messo in luce la diversità nelle scelte strategiche dei traduttori francesi e americani la quale risponde alla seconda domanda di ricerca (quali sono le differenze tra le traduzioni in inglese e francese e se sono costanti tra quelle degli anni Sessanta e quelle del ventunesimo secolo). Si può constatare che i traduttori di lingua inglese prestano meno attenzione al plurilinguismo del testo di partenza dato che non cercano di trasmettere al lettore le caratteristiche gergali e dialettali del linguaggio parlato dai personaggi, abbattendo così la mimesis linguistica di Pasolini. I traduttori francesi, invece, cercano di rendere la dinamica linguistica tramite stilizzazioni. Questa differenza persiste nelle traduzioni recenti a differenza del problema di esotizzazione-addomesticamento. Mentre le versioni inglesi tendono alla prima delle due tecniche, tra le due traduzioni francesi si nota un cambiamento di rotta. Claude Henry applicò la strategia di addomesticamento avanzato su diversi livelli, Jean-Paul Manganaro ha optato per un’esotizzazione attestata dall’uso degli antroponimi italiani o romaneschi e implementazione delle parolacce italiane.

Come spiegare le differenze tra le versioni inglesi e francesi? La riposta scientifica alla domanda necessiterebbe un’analisi di tutte le traduzioni delle opere italiane linguisticamente paragonabili, dove il dialetto convive con la lingua standard per creare una dinamica linguistica deliberata. Tali opere non sono poche, alcune appartengono al canone della letteratura italiana, come Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda. Ora si potrebbe soltanto ipotizzare che la scelta delle strategie traduttive sia condizionata soprattutto dalla cultura linguistica di destinazione e dalle aspettative del mercato editoriale. Ciò potrebbe spiegare l’annientamento delle caratteristiche dialettali nelle traduzioni inglesi poiché un lettore sudafricano probabilmente non sarebbe in grado di capire i gerghi che funzionano nel Regno Unito. D’altra parte, anche il francese è una lingua globale con molte varietà diatopiche.

Quale delle traduzioni è la più riuscita? È difficile risponderci ma se si adottasse la coerenza come il principale fattore di valutazione, entrambe le versioni francesi prenderebbero il sopravvento. Le stilizzazioni gergali e colloquiali risultano efficaci nel riferirsi alla realtà linguistica vicina a quella del testo originale, incitando il lettore a pensare ai borgatari parigini (o quelli di qualsiasi grande città francese), il loro linguaggio e la loro quotidianità. Perciò le strategie paragonabili alle scelte dai traduttori francofoni sono da considerare anche per quanto riguarda le future traduzioni del romanzo. D’altronde, grazie all’assenza delle stilizzazioni gergali, le traduzioni americane risultano più accessibili a chi non è di madrelingua inglese, non parla l’italiano e vuole conoscere le opere letterarie di Pasolini. Va notato che Ragazzi di vita non sono ancora disponibili in molte lingue, per esempio in polacco o in russo.


Testo di partenza The Ragazzi di Emile Capouya The Street Kids di Ann Goldstein Les ragazzi di Claude Henry Les ragazzi di Jean-Paul Manganaro

Quello che aveva ricevuto la telefonata andò a chiamare Nadia e, nel frattempo, Alvaro diede un’occhiata a Rocco, appoggiandosi con una spalla, concentrate, alla parete scrostata. «Pronto,» fece poi, da persona compita, «che sei te Nadia? Senti un po’... Ce sarebbe un affaretto... Che c’hai tempo oggi?... de venì a Ostia... a Ostia, si... Che?... sì, aòh, che, so’ un chiacchierone io?... Ma è ssicuro, è ssicuro!... C’aspetti ar Marechiaro, ha’ ccapito, ar Ma- rechiaro... Lì indovve ce sta ’a pista, lì davanti... Si, si, come ’artra vorta... A ’e tre tre c un quarto... Va bbe... te saluto, aaaa cosa! »

The person who had answered the phone went to find Nadia, and meanwhile Alvaro looked at Rocco, who was leaning his shoulder against the peeling wall, concentrating. “Hello,” he said in businesslike tones, “is that you, Nadia?


Listen, I got a deal for you. You got some time today? To go to Ostia. Yeah, Ostia. What? Sure. Hey, would I give you a bum steer? But it’s all fixed up, all fixed up. We’ll meet you at Marechiaro, got that? Marechiaro. Over where the dance floor is, right in front of it. Yeah, like last time. Three, three-fifteen.


Fine. See you.”

The person who had answered the telephone went to call Nadia and in the meantime Alvaro glanced at Rocco, leaning with one shoulder against the flaking wall, in concentration. “Hello,” he said then, politely, “is that Nadia? Listen…


There might be a little business… Do you have time today? … to come to Ostia …Ostia, yes. … What? … Yes, waah, what, I’m a big talker, me? … But it’s a sure thing, it’s a sure thing! … Wait for us at Marechiaro, got it, at Marechiaro…


There where the dance floor is, in front there... Yeah, like the other time… at three fifteen… All right… bye!”

Celui qui avait répondu alla chercher cette Nadia, et en attendant, Alvaro, 1’epaule appuyée a la cloison écaillé et plonge dans ses pensées, lança tout de même un coup de châsse a Rocco.


– Allô ! fit-il en garçon comme il faut. C’est toi, Nadia ? Ecoute-moi. On t’propose une petite combine. T’es libre aujourd’hui ? Tu pourrais venir à Ostie... à Ostie, oui... Quoi ? oui ! Ah ! j’suis un bluffeur, moi ? C’est aussi sûr que j’t’le dis... tu peux y compter. Attends-nous au Marechiaro, t’as pigé ? au Marechiaro... Là où il y a la piste... la devant, oui ! Oui ! comme 1’autre fois...


À trois heures. Salut, ma vieille !

Celui qui avait répondu au téléphone alla chercher Nadia et, pendant ce temps, Alvaro lança un coup d’œil à Rocco, concentre, une épaule appuyée contre le mur écaillé.


– Allô fit-il ensuite comme quelqu’un de poli, c’est toi, Nadia? Ecoute voir... Y aurait ‘ne p ’tite affaire... T’as le temps aujourd’hui?... d’venir a Ostie... a Ostie, oui... Quoi ?... oui, he, j ’suis pas ‘n rigolo, m o i!... Oui, c’est sûr, tout a fait sur ! Tu nous attends au Marechiaro, t’as compris, au Marechiaro... Là ou qu’y a la piste, la devant... Oui, oui, comme 1’aut’ fois... A trois heures, trois heures et quart...


D’accord... salut à toi, machine !

Testi del romanzo

Pasolini Pier Paolo (1976). Ragazzi di vita. Milano: Garzanti

Pasolini Pier Paolo, trad. C. Henry (1982). Les ragazzi. Parigi: Buchet-Chastel

Pasolini Pier Paolo, trad. E. Capouya (1989). The Ragazzi. Manchester: Carcanet

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Note a piè di pagina

  1. Si ricordi, a titolo d’esempio, la canzone The Via Veneto di Burt Bacharach del 1966.
  2. Cfr. http://www.academie-francaise.fr/cash (ultimo accesso: 30 dicembre 2020).
  3. Cfr. http://www.monteverdein.it/index.php?mnt=la-ferrobedo-di-pasolini-2 (ultimo accesso: 31 dicembre 2020).


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