ACTA UNIVERSITATIS LODZIENSIS
Folia Litteraria Polonica 1(64) 2022
https://doi.org/10.18778/1505-9057.64.22


Giuseppe Mattia

Ph.D. Candidate, University of Florence, School of Humanities and Education, Department of History, Archaeology, Geography, Fine and Performing Arts; via Gino Capponi n. 9, Firenze; giuseppe.mattia@unifi.it


Orcidhttps://orcid.org/0000-0003-0194-2342

All’origine della sceneggiatura. Verso una critica genetica del film L’eclisse (1962)

Il sommario

La presente proposta – inserita nel quadro della ricerca di dottorato intitolata Tonino Guerra sceneggiatore tra anni Cinquanta e Sessanta. Il lavoro con Antonioni e Rosi tra storia e inchiesta – si propone di illustrare la ricognizione archivistica condotta su alcune fonti di prima mano, relative al film L’eclisse (1962) di Michelangelo Antonioni. Questi materiali preparatori inediti gettano luce su modelli sia interpretativi sia metodologici legati alla genetica testuale. In un’ottica storico-filologica, l’osservazione del metodo di lavoro di Guerra e Antonioni consente di ampliare la portata ermeneutica del film in questione, soffermandosi su quello che Pierre-Marc de Biasi definisce il “divenire del testo”: dall’idea iniziale alla sua evoluzione fino alla versione definitiva, chiamando in causa materiali eterogenei. L’intervento si propone di spingere lo studio della sceneggiatura a dialogare con un più ampio concetto di materiali preparatori.

Parole chiave: inchiesta, sceneggiatura, sopralluoghi, materiali preparatori, Tonino Guerra

At the origin of the screenplay. Considerations on the textual genetics of Italian cinema

Summary

This proposal – included in the framework of the Ph.D.’s research Tonino Guerra scriptwriter. The work with Antonioni and Rosi between history and investigation, in progress at the University of Florence – is proposed, first of all, to present my archival survey conducted in several Italian archives and private collections on first-hand sources such as subjects, treatments, screenplays, correspondence and notebooks. These unpublished preparatory materials, or never fully exploited, have the power to shed light on interpretative and methodological models linked to textual genetics. From a historical-philological point of view, the working method of the writer Guerra allows us to broaden the hermeneutic scope of certain cinematographic productions starting from the creative process: from the initial idea to its evolution up to the final version, passing through handwritten notes, loose sheets, corrections, underlining on newspaper articles and even pen sketches. Secondly, examples will be illustrated through case studies that will make use of the dialogue between preparatory materials and screenplays.

Keywords: investigation, screenplay, Tonino Guerra, Michelangelo Antonioni, preparatory materials



Al centro del presente lavoro emerge la figura dello scrittore italiano Antonio Guerra (detto Tonino), in particolare per quanto riguarda il suo lavoro di sceneggiatore per L’eclisse (1962), film diretto da Michelangelo Antonioni. L’esperienza professionale di Guerra, tout court intesa, si può considerare come un lungo e articolato viaggio tra forme e linguaggi. Egli nasce a Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini, il 16 marzo del 1920; nel 1953 si trasferisce a Roma, dove prende avvio la sua folgorante carriera di sceneggiatore cinematografico che gli varrà numerosi riconoscimenti internazionali tra cui: tre nominations all’Oscar; il premio per la migliore sceneggiatura originale al Festival di Cannes per Taxidi sta Kythira (Viaggio a Citera, 1984) di Theo Angelopoulos; tre David di Donatello per Tre fratelli (1981) di Francesco Rosi, E la nave va (1983) di Federico Fellini e Kaos (1984) dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani.

Il suo primo incontro con Antonioni risale alla seconda metà degli anni Cinquanta e la loro prima collaborazione ufficiale avviene per il film L’avventura (1960).

Il mio rapporto con Antonioni è assai complesso. Così come è sempre complesso e contraddittorio il rapporto tra uno sceneggiatore e un regista con storie e formazioni diverse. […] Da una parte il poeta della natura e della campagna, dall’altra lo scrittore che conosce e ama la cultura contemporanea da Camus a Sartre, che ha amato l’esistenzialismo[1].

Il merito di Guerra – in una collaborazione professionale durata fino al 2004 – è quello di aver aggiunto una componente irrazionale al panorama razionale di Antonioni; di aver saputo dipingere nelle loro sceneggiature (specialmente in quelle degli anni Sessanta) la disgregazione dell’Io, causa di travaglio morale e fisico, riscontrabile nell’alterazione dei paesaggi sia ambientali sia emotivi. Già a partire da L’avventura e da La notte (1961), la sua scrittura segue le influenze letterarie contemporanee (da Ottiero Ottieri a Paolo Volponi, da Alberto Moravia a Italo Calvino) diventando più ‘inquieta’ ed ergendosi a specchio delle nevrosi borghesi che, in pieno boom economico, investono anche il ceto sociale più basso.

L’eclisse

A Roma, presso l’Archivio Centrale dello Stato, si trova il fascicolo relativo alla produzione, precisamente nel fondo Direzione Generale Spettacolo del Ministero del Turismo e dello Spettacolo[2]: il nome di Guerra, quale autore del soggetto, compare per la prima volta in queste carte all’interno di una pratica – datata 30 giugno 1961 – inviata alla Paris Film Production dalla casa di produzione italiana Interopa film Spa.

Egregi Signori, abbiamo il piacere di confermarvi il nostro accordo odierno riguardante la coproduzione, nel quadro degli accordi italo-francesi, categoria normale 60/40, del film L’eclisse, regia di Michelangelo Antonioni, da un soggetto originale di Tonino Guerra e dello stesso Antonioni. Le riprese avranno inizio a Roma nella seconda quindicina del luglio 1961[3].

Invece, il documento che attesta la stipula del suo contratto come co-autore della sceneggiatura è datato 1 luglio 1961 e si trova nello stesso fascicolo, all’interno del preventivo dettagliato di spesa allegato alla denuncia di inizio della lavorazione del film.

A proposito della sinossi, le vicende si svolgono nell’estate del 1961, a Roma. La giovane Vittoria (interpretata nel film da Monica Vitti) decide improvvisamente di terminare la sua relazione con il compagno Riccardo (Francisco Rabal), verso il quale non prova più alcun sentimento amoroso. In seguito si impossessa di lei una forma di apatia, di continua indifferenza verso il mondo circostante. La protagonista vaga per la città in cerca di qualche ragione per essere felice, provando a divertirsi con un’amica e tentando di riallacciare un rapporto serio con la madre (Lilla Brignone), che riesce ad incontrare solamente presso la Borsa di Roma, essendo un’accanita giocatrice. Proprio durante una di queste visite incontra Piero (Alain Delon), un cinico agente di cambio che comincia a corteggiarla insistentemente. Tra i due giovani nasce una storia d’amore molto intensa, ma destinata a non poter evolvere per evidenti differenze di carattere e di sensibilità.

L’inchiesta

Entrando nel merito dello studio effettuato si ricorda che, in ambito cinematografico, la fase che produce più documentazione cartacea è sicuramente quella creativa, che appunto tende a prevedere, a descrivere con le parole (e in qualche caso con disegni o fotografie) il prodotto audiovisivo da realizzare. Qui entrano in gioco gli autori del film: infatti, nei cosiddetti “archivi di persona”[4], si trovano veri e propri corredi cartacei, tra i quali assumono un ruolo di primo piano – soprattutto per i film di finzione – le sceneggiature: esse, oltre a contenere tutte le idee di sviluppo narrativo e tecnico del film, possono presentare appunti importanti capaci di ricondurre gli studiosi alle fonti su cui gli artefici si sono basati e, molto spesso, differiscono dal prodotto finito, ponendo così ulteriori interrogativi (come, per esempio, chiedersi il perché una scena sia stata aggiunta o tagliata, un attore sia stato eliminato o un personaggio aggiunto, ecc.). Secondo Mariapia Comand, tralasciando il valore imprescindibile degli archivi istituzionali, una pista d’indagine fondamentale è rappresentata dai fondi personali, considerati

potenziali preziosi giacimenti di sceneggiature, di materiali preparatori, di corrispondenza, di documenti necessari per la ricostruzione della genesi delle opere, del quadro complessivo, delle routine produttive, della logica dei rapporti, del contributo dei singoli e così via[5].

Ai fini del presente studio sono stati chiamati in causa i cosiddetti “documenti di genesi”, capaci di riflettere la struttura piena e viva di una scrittura allo stato nascente[6]. Le due fonti inedite esaminate si trovano nell’Archivio Michelangelo Antonioni di Ferrara (d’ora in avanti AMAF): una versione della sceneggiatura[7] e l’inchiesta condotta dallo sceneggiatore presso la Borsa di Milano[8]. L’obiettivo è quello di dimostrare la preminenza di quest’ultimo contributo preparatorio ai fini della stesura della sceneggiatura e, quindi, del prodotto filmico definitivo. Prima di sviscerare la documentazione consultata, risulta interessante riportare una sua testimonianza di Guerra sul metodo di scrittura a quattro mani con Antonioni.

Quando nelle prime sedute di sceneggiatura impostiamo questa o quella scena, tutto è affidato alle parole. […] Poi, a mano a mano, cadono le parole e affiorano i gesti, gli spostamenti dei personaggi […] quelle indicazioni visive sulle quali poggia sempre più la storia del film. […] E questo perché Antonioni, evidentemente, vuole distruggere nella parola quanto essa possa conservare di suggestione letteraria per conficcarla nel suo valore di suggestione cinematografica. Anzi resta ancora da scoprire qualcosa al di là delle immagini come succede di intravvedere al di là di una pagina scritta[9].

Solitamente, per gli sceneggiatori, l’inchiesta risulta necessaria per accrescere la conoscenza dei fatti, talvolta mettendo a dura prova le intuizioni avute in precedenza, confermandole o contraddicendole. Lo scopo del suo utilizzo è, inoltre, quello di ricostruire sulla pagina la medesima forma degli eventi vissuti dai reali protagonisti, previa schedatura e rielaborazione di aneddoti, psicologie e sentimenti. Infine, essa contribuisce a suggerire agli autori toni, colori, ampliando i loro punti di vista e stimolandone la fantasia, l’immaginazione e tutto ciò che ne consegue. L’inchiesta preliminare condotta da Guerra, chiamata in causa in questa sede, è suddivisa in quattro faldoni, denominati dalla lettera A alla lettera D.

Il primo presenta dodici fogli: i primi sei sono bianchi e contengono appunti manoscritti (a matita oppure a penna rossa o blu); i secondi sei fogli sono dattiloscritti con Olivetti su carta molto ingiallita, con correzioni a penna.

Il fascicolo B consiste in quattro fogli che riportano il trattamento della scena in ufficio, dopo il crollo, con il personaggio di Piero, seguito da appunti relativi a sopralluoghi alla borsa di Milano e a notizie sempre relative al crollo: i fogli sono dattiloscritti con Olivetti su carta molto ingiallita, originariamente piegati in tre parti nel senso della lunghezza; nell’angolo superiore destro presentano una numerazione da 1 a 4 scritta a mano; l’intestazione, scritta a biro blu, è la seguente: “Pomeriggio, in ufficio. Dopo crollo”.

Il fascicolo C consiste invece di appunti vari sulla borsa di Milano, relativi in particolare ai procuratori e al loro linguaggio: i quattordici fogli di carta sono di vario tipo e formato, a volte bianca, a volte ingiallita, dattiloscritti con Olivetti e numerati nell’angolo superiore destro da 1 a 14. Ci sono inoltre varie correzioni a biro e cancellature.

Infine, il fascicolo D consiste in appunti su Paolo Vassallo (fonte d’ispirazione per la figura di Piero) e in appunti per due scene; la raccolta è suddivisibile in tre nuclei documentari: il primo, costituito dai sei fogli numerati, prosegue l’indagine sulla borsa di Milano concentrandosi sulle figure femminili che la frequentano; il secondo gruppo, formato dai successivi quattro fogli, descrive Paolo Vassallo al lavoro durante una giornata in borsa; gli ultimi due fogli sono appunti relativi a due scene. In totale ci sono dodici fogli di carta di vario tipo e formato, a volte bianca, a volte ingiallita, dattiloscritti con Olivetti o da un’altra Olivetti dal carattere molto piccolo. I primi sei fogli sono numerati nell’angolo superiore destro e proseguono la numerazione del documento precedente (vanno da 15 a 21).

Dall’inchiesta allo script

Il brano che segue, datato martedì 12 dicembre 1961, è la cronaca dei momenti immediatamente precedenti a un reale crollo di cui Guerra è testimone.

Il pubblico comincia a rumoreggiare. Col passare dei minuti la situazione diventa sempre più pesante. Le offerte si accumulano e i compratori sembrano scomparsi. Sul grande tabellone luminoso le quotazioni scendono sempre più in basso. Alla compilazione del listino (che poi viene messo in vendita anche tra il pubblico) vengono denunciati altri ribassi[10].

In sceneggiatura troviamo così resa questa prima fase dell’imminente catastrofe:

Dino corre alla corbeille per riferire all’agente. Intanto l’agente di cambio addetto al listino annuncia l’apertura della Viscosa anche alla Borsa di Roma.
AGENTE DI CAMBIO ADDETTO AL LISTINO: “Viscosa 8990”.
Gli agenti attorno alla ringhiera della corbeille cominciano eccitatissimi le contrattazioni. Tutti svendono. Nessuno compra. Il titolo sta scendendo. Ora anche il pubblico è proteso nel tentativo di afferrare la discesa precipitosa della Viscosa.
VOCI DALLA CORBEILLE: “80… 70… 60… 52… 40… 30…”[11].

In seguito, Guerra assiste alle seguenti reazioni furibonde dei presenti che cominciano a lanciare oggetti verso la [12].

A questo punto il pubblico si spaventa e si eccita, si formano gruppi, qualcuno alza la voce, volano parolacce, qualcuno passa ai fatti. Dalla tribuna del ‘parco buoi’ parte un lancio nutrito di portacenere, di matite, di scatole di sigarette vuote, all’indirizzo degli operatori che lavorano nel recinto delle grida. Altri portacenere vengono scagliati contro il quadro luminoso senza tuttavia infrangerlo. Contemporaneamente una cinquantina di persone tenta di fare irruzione nella sala delle contrattazioni forzando la porta a vetri girevole[13].

In sceneggiatura gli autori ripropongono la medesima situazione, con tanto di lancio di oggetti, nella quale però spicca la madre della protagonista Vittoria.

Gli uscieri cercano di frenare i più eccitati, ma è proprio a questo punto che la madre di Vittoria scaraventa in mezzo al gruppo degli agenti due guide del telefono. Per fortuna non colpisce nessuno. Un usciere viene subito verso di lei infuriato:
USCIERE: “Signora, lei ha tirato una guida del telefono...”.
MADRE VITTORIA: “Non è vero. Erano due”.[14]

L’inchiesta, come suddetto, si concentra poi su vari personaggi femminili che frequentano la Borsa, tra cui la seguente figura, considerata portatrice di sfortuna: “Entra una donna vestita di bianco col cappello azzurro di paglia. Occhiali neri. Gli uomini si toccano, le donne accavallano due dita”. Guerra scrive poi a penna, a lato della pagina, questa battuta, senza specificare chi la pronunci: “Arriva la iettatrice. Mannaggia che iella porta quella!”[15].

In sceneggiatura troviamo lo stesso personaggio che si trova però ad interagire con la madre di Vittoria:

Intanto le viene incontro una donna che ha i capelli raccolti in una retina nera. Scuote le mani per smuovere i braccialetti come se le facessero caldo.
S.RA CON RETINA: “Hai qualche notizia bona Ninì?”.
La madre di Vittoria la guarda appena. Si allontana senza nemmeno fermarsi.
MADRE DI VITTORIA: “Le ho, e le tengo per me”.
Si avvicina a un signore distinto.
MADRE DI VITTORIA: “Mannaggia quanto porta jella quella! Pare un serpente a sonagli… Come andiamo?”.
SIGNORE DISTINTO: “Per me va male, ho venduto ieri quelli che oggi sono saliti”[16].

Continuando con la ricognizione sui tipi che frequentano la Borsa, emerge anche un aspetto interessante, legato alle ripercussioni patologiche di tale occupazione. Scrive Guerra:

Quello di borsa è anche un lavoro che logora il fisico. Gli infarti, le paralisi ecc. sono malattie di normale amministrazione fra gli operatori di borsa, specie subito dopo i 50 anni. Sono proverbiali i 12 infarti del comm. Giannini (un agente) che ora è costretto a casa in una campana di vetro, ma si interessa sempre, anche a distanza, di borsa.[17]

In sceneggiatura anche il personaggio di Piero chiama in causa tale situazione: “Mi piace per questo la Borsa… Perché è imprevedibile… Emozionante… come un gioco… le corse… Peccato che spesso ci sia di mezzo l’infarto…”[18].

Oltre all’inchiesta condotta sulla cronaca, sui personaggi, nonché sui luoghi, Guerra riporta dei dialoghi uditi tra i frequentatori della Borsa.

Il personaggio più caratteristico e interessante del ‘parco buoi milanese’ è senz’altro la Signora Maria. È una donna di età intorno ai 55 anni. [...] Da anni frequenta puntualmente la Borsa. La conoscono tutti per il suo modo di parlare colorito, per il suo atteggiamento battagliero e polemico. [...] È apertamente reazionaria e fascista. “Bisogna avere il coraggio di dire che si è stati fascisti! Mi fa ridere a me quella là… la bionda, di nostra conoscenza che lei non lo è mai stata. Era comunista?! Ma dove… tra una gamba e l’altra!”.[19]

In sceneggiatura ritroviamo la stessa frase ma pronunciata da un uomo, frequentatore abituale della Borsa:

Un uomo che porta il distintivo da invalido si muove in mezzo alla gente che si accalca nella strada. Sbraita.
INVALIDO: “Bisogna avere il coraggio di dire che si è stati fascisti… Mi fa ridere a me la bionda… Quella là… che dice che non lo è mai stata… Era comunista? Ma dove… tra una gamba e l’altra…”.[20]

Al termine della baraonda suddetta, Guerra descrive così la fine del disastro e il ritorno a una situazione di quiete.

Gli uscieri addetti all’ingresso sono subito messi fuori causa, ne intervengono altri e mentre stanno per essere sopraffatti sopraggiungono gli agenti di Polizia Statale (chiamati telefonicamente dai dirigenti di Borsa riunitisi d’urgenza, in piedi, in un angolo della sala). Lentamente l’ordine viene così ripreso. A poco a poco riprendono le trattazioni e d’un tratto, quasi d’incanto, le quotazioni sul quadro luminoso, ritornano a salire.[21]

Il poeta romagnolo redige inoltre alcune considerazioni sulle cause di questo episodio.

Il crollo è stato l’epilogo di una situazione al ribasso che si trascinava da tre mesi. Alcuni titoli erano ribassati anche del 70 per cento. Le cause reali del crollo (le voci ufficiali parlavano di cause tecniche) consistevano nell’aver creato in borsa un’euforia del tutto ingiustificata. I rialzi erano troppo rapidi a vantaggio della speculazione che faceva i propri affari bene al coperto. Gli indifesi sono crollati tra i primi: una moltitudine di gente che ha visto definitivamente sfumare i propri risparmi.[22]

In un altro fascicolo sito nello stesso fondo ferrarese è presente un foglio sciolto, scritto da Antonioni, dove si ritrova una scaletta del crollo, quasi una sintesi del lavoro di Guerra in vista della futura messa in scena.

Era nell’aria, da 3 mesi. Discesa azioni. Mattina: inizio normale. Tabellone che cambia. Procuratore che allontana i clienti e i neofiti dal parco buoi. Ribassi violenti toccano i piccoli tranne i grossi. Solo per loro (per i piccoli, n.d.r.) c’è stato crollo. Vittoria e Piero: tragedia dei piccoli. Il parco buoi invade il campo, butta già robe, matite sulla testa dei procuratori. Insulti reciproci. Lite. Si riuniscono i dirigenti di Borsa. Un greco con rosario. Telefonano alla polizia. Nel quarto d’ora d’attesa tentativo di invasione. Fattorini che li bloccano. Porta girevole.
Avvisa la polizia. Una decina rispetta l’ordine. Telefonate che accennano a un rialzo.[23]

Conclusioni

La ricognizione archivistica condotta mi ha dunque consentito di far emergere il cosiddetto ‘non scritto’, una serie di tracce che si traducono in scena nonché alcuni materiali solitamente non integrati nell’analisi dei processi di scrittura filmica. Lo scopo di tale scavo è quello di rileggere l’opera cinematografica dello scrittore santarcangiolese ponendo particolare attenzione a quello che Pier Marc De Biasi definisce “carattere processuale della generazione e dell’essenza del testo”[24]. Infatti la sceneggiatura si considera come il risultato di uno sviluppo di cui ci sono sottratte molte fasi, se non addirittura tutte: i meccanismi mentali che precedono concetti e immagini, la realizzazione linguistica, lo sviluppo del ritmo. Pur sfuggendoci molti momenti dell’elaborazione di un testo, il possesso di tutte o di gran parte delle fasi dell’elaborazione scritta, dagli abbozzi alla prima forma compiuta ai ritocchi più minuti, ci mette a disposizione una massa di materiali che si può definire avantesto.

Emerge quindi la necessità di ripensare l’approccio genetico nel contesto cinematografico, all’interno del quale la sceneggiatura definitiva risulta egemone indiscussa, mentre una sorta di ingiustificata sudditanza è rappresentata da quei materiali che la precedono. Preso atto dello scarso interesse nei confronti di tali documenti e della relativa origine, natura, utilità e collocazione, urge porre particolare attenzione su quelle scritture intermedie che Augusto Sainati definisce “scritture in transito”[25], fondamentali per ricostruire il percorso genetico della pellicola. Senza nulla togliere all’importanza dell’ecdotica, risulta più produttivo assumere una consapevolezza della formazione e della trasformazione testuale piuttosto che cercare di ricostruirne una versione ideale, risultato di un confronto tra più fonti materiali diverse tra loro[26].

Nell’addentrarsi in questi studi di genetica cinematografica è doveroso tenere sempre a mente la lezione di Marc Bloch sull’obiettività delle carte d’archivio e sul metodo critico di lettura di una fonte. Assodato il fatto di non poter attribuire ai documenti preparatori un carattere di verità assoluta, va da sé il loro scopo di ampliare le possibilità ermeneutiche di ciascuna opera, anche a costo di mettere in dubbio la ‘sacralità’ del testo e di intenderlo come mero prodotto artigianale. Il dialogo con queste fonti consente di incrementare e rinnovare la conoscenza del testo filmico, facendo luce sulle dinamiche interne alla composizione, sulle intenzioni e sui metodi di lavoro. L’eterogeneità dei documenti non può non rimandare infine a Lucien Febvre, convinto sostenitore del fare la storia “con tutto ciò che l’ingegnosità dello storico gli consente di utilizzare per produrre il suo miele se gli mancano i fiori consueti”[27].



Bibliografia

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Segre Cesare, Critica genetica e studi sulle fonti, “Annali della Scuola normale Superiore di Pisa” 1998, v. III, s. IV, n. 1–2.



Footnotes

  1. E. Grassi, Intervista a Tonino Guerra, [in:] AA.VV., Tonino Guerra. Poesia e Letteratura, Pazzini Stampatore Editore, Verucchio (RN) 2014, p.118.
  2. Dal 1946 al 1965 viene fatto obbligo alle case di produzione di inviare questo tipo di documentazione al fine di ottenere il riconoscimento di nazionalità italiana al film.
  3. Direzione Generale Spettacolo del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, busta 310, CF 3678.
  4. Ferraboschi, L’archivio Cesare Zavattini della biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, ed. N. Dusi, L. Di Francesco, Bellissima tra scrittura e metacinema, Diabasis, Parma 2017, p. 273.
  5. M. Comand, Ricerca e archivi per gli studi sulla sceneggiatura, “Quaderni del CSCI rivista annuale di cinema italiano”, 2014, n. 10, p. 77.
  6. P.M. de Biasi, Génétique des textes, CNRS éditions, Paris 2011., trad. it. C. Montini, La genetica testuale, Aracne, Torino 2014, p. 16.
  7. AMAF, 8A/14, fasc. 28; 197 pp., Sceneggiatura dattiloscritta completa. Presenti sporadiche annotazioni. Sul frontespizio si legge: “L’eclisse. Soggetto e sceneggiatura di Tonino Guerra e Michelangelo Antonioni”, 1960–1961.
  8. AMAF, b. 8C/5, fasc. 43.
  9. L’infanzia del mondo. Opere (1946–2012), ed. L. Cesari, Bompiani, Milano 2018, p. 192.
  10. AMAF, b. 8C/5, fasc. 43A.
  11. AMAF, b. 8A/14, fasc. 28, p. 111.
  12. Lo spazio riservato agli agenti di cambio e agli altri intermediari autorizzati per la negoziazione dei valori mobiliari.
  13. AMAF, b. 8C/5, fasc. 43A.
  14. AMAF, b. 8A/14, fasc. 28, p. 124.
  15. AMAF, b. 8C/5, fasc. 43D.
  16. AMAF, b. 8A/14, fasc. 28, p. 106.
  17. AMAF, b. 8C/5, fasc. 43C.
  18. AMAF, b. 8A/14, fasc. 28, p. 129.
  19. AMAF, b. 8C/5, fasc. 43D.
  20. AMAF, b. 8A/14, fasc. 28, p. 132.
  21. AMAF, b. 8C/5, fasc. 43A.
  22. AMAF, b. 8C/5, fasc. 43A.
  23. AMAF, b. 9A/1, fasc. 33.
  24. P.M. de Biasi, op. cit., p. 16.
  25. Sainati, La scrittura in transito. Lessico famigliare da Natalia Ginzburg a Tullio Pinelli, “Quaderni di didattica della scrittura”, 2015, n. 23, p. 80.
  26. Sainati, Le questioni del testo e dell’autore nella prospettiva della genetica del cinema, ed. N. Dusi, L. Di Francesco, Bellissima tra scrittura e metacinema, Diabasis, Parma 2017, p. 73.
  27. Lucien Febvre, Vers une autre histoire, [in:] Combat pour l’histoire, Colin, Paris, 1953, p. 428. Traduzione del brano in Jacques Le Goff, Storia e memoria, Torino, Einaudi, 1982, p. 447.


COPE
CC

Received: 2021-12-31; Verified: 2022-01-27. Accepted: 2022-02-08