Uniwersytet Warszawski
https://orcid.org/0000-0003-2552-7055Within the various research areas of Ancient History, Digital Humanities have gained a significant role in recent years. However, in the more specific field of Epigraphy, which is the topic of this contribution, although the usefulness of Information and Communication Technologies (ICTs) has begun to be evaluated, these resources have largely been used as a complementary tool and not as an integral part of the epigraphic discipline. For this reason, it can be to present and describe those ICT-related tools that can be consider fundamental for a modern epigraphic study, with a particular focus on the Latin epigraphy of Roman Hispania.
Keywords: Digital Humanities, TIC, Epigraphy, Hispania
Parole chiave: Digital Humanities, TIC, Epigrafia, Hispania
Słowa klucze: Digital humanities, TIC, epigrafika, Hiszpania
Il concetto di Digital Humanities è stato usato le prime volte nel 2000 negli Stati Uniti, ma è diventato famoso solo nel 2004, quando Blackwell ha pubblicato una monografía intitolata A Companion to Digital Humanities. Citando le parole di A. Pons (2013: 38), le Digital Humanities sarebbero definite come un “conjunto de prácticas variadas de investigación y de comunicación que utilizan medios informáticos, en las que uno de los elementos centrales es la colaboración entre las dos culturas”. Questa descrizione, comunque, non illustra in modo preciso tutti gli aspetti delle Digital Humanities, che non possono essere considerate come una disciplina circoscritta, ma piuttosto come un concetto interdisciplinare e in continua evoluzione.
Il professore M. Ramírez Sánchez (2016: 366) ha definito questo concetto come segue: Las Humanidades Digitales[1] es la traducción directa al español del término anglosajón Digital Humanities que, desde hace varios años, se ha impuesto a otras expresiones propuestas por algunos teóricos para definir un espacio interdisciplinar entre las Humanidades y las Tecnologías de la Información y la Comunicación. Frente a otros términos como Humanística computacional o Informática humanística, que tuvieron un gran eco en los años noventa del pasado siglo y primeros años del siglo XXI, sobre todo entre los colegas italianos, el término Humanidades Digitales se coloca en una posición más destacada a nuestras disciplinas y, sobre todo, vincula su propia existencia al mundo digital, más allá de los aspectos meramente tecnológicos.
Si tratta quindi di un’etichetta generica, in un campo interdisciplinare che, lungi dall’essere un concetto concreto, sta diventando sempre più ricca di sfumature. Le Digital Humanities sono divenute un’area consolidata in paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada. Inoltre sono state create associazioni, centri o dipartimenti universitari specifici, corsi post-laurea, conferenze o riunioni, blog e riviste specializzate. In effetti, il profilo dell’umanista digitale è addirittura riconosciuto come professione (Rodríguez Yunta 2013: 38).
Per quanto riguarda le Digital Humanities applicate alle Scienze Antiche, è stato solo negli anni ‘90 che si è iniziato a fare i primi passi. Questo crescente interesse per le Digital Humanities e la loro conseguente crescita è dovuto a un maggiore impatto della tecnologia e alla diffusione della cultura digitale nella società (Spence 2014: 39). Ci sono due branche di specializzazione in questo settore: l’applicazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) nelle Scienze Umane (Scienze e Tecniche Storiografiche) e lo studio dell’impatto delle TIC sul lavoro umanistico stesso (Ramírez Sánchez 2016: 367). Soprattutto negli ultimi anni, sono stati pubblicati molti studi sull’uso delle risorse TIC nella ricerca e nell’insegnamento e, per quanto concerne qui, nelle Scienze Antiche[2]. I contributi delle TIC all’epigrafia includono, tra le altre cose, il riorientamento dei database online, la digitalizzazione delle iscrizioni e il trattamento delle fotografie digitali, l’ottenimento di modelli 3D, l’uso di laser scanner..., così come la creazione della International Digital Epigraphy Association[3] (IDEA).
Questi progressi non hanno avuto un enorme successo nelle università di Spagna, Italia e Portogallo, cosa che invece si è verificata nelle università di Stati Uniti, Regno Unito e Canada (Ramírez Sánchez 2018: 15). Il obiettivo è quindi quello di comprendere e analizzare quali cambiamenti sono avvenuti nelle università spagnole negli ultimi decenni e capire come l’introduzione dei mezzi digitali abbia influenzato la ricerca accademica.
In Spagna, le Digital Humanities si sono consolidate lentamente, trovando il loro avvio nel 2012 con la creazione della Sociedad Internacional de Humanidades Digitales Hispánicas, che nel luglio 2013 ha tenuto il I Congresso Internazionale HDH presso l’Università di A Coruña. Nello stesso anno si è tenuto anche il Congreso Internacional Humanidades Digitales: Visibilidad y difusión de la investigación, organizzato dal Gruppo di ricerca Siglo de Oro (GRISO) presso l’Università di Navarra. Un altro evento che ha contribuito a consolidare la ricerca sulle Digital Humanities in Spagna è stata l’organizzazione di una tavola rotonda dedicata al tema dello spazio digitale e al ruolo dello storico al XII Congreso de Historia Contemporanea che si è svolto a Madrid nell’ottobre 2014, coordinata da M. Eiroa, A. Pons, I. González, R. Velasco de Castro e A. Torres. È però nel 2019 che si è tenuta la prima conferenza interamente dedicata all’epigrafia e alle Digital Humanities dal titolo El patrimonio epigráfico en la era digital: documentación, análisis y socialización, presso l’Università Complutense di Madrid il 20 e 21 giugno e i cui risultati sono stati ripresi nella monografia pubblicata nel 2021, intitolata Epigraphy in the Digital Age: Opportunities and Challenges in the Recording, Analysis and Dissemination of Inscriptions (Velázquez, Espinosa).
Come sostiene M. Ramírez Sánchez (2018: 16), le TIC fanno parte del futuro prossimo e sono uno strumento essenziale per lo sviluppo e la sopravvivenza delle discipline umanistiche. Questo sarà possibile grazie al lavoro degli attuali ricercatori e all’inserimento delle nuove generazioni nel mondo accademico spagnolo.
È opportuno qui sottolineare l’importanza della diffusione delle Digital Humanities in termini di creazione di biblioteche digitali e progetti di digitalizzazione di fondi e collezioni che sono stati molto utili per l’epigrafia della Hispania romana.
Esistono molte iniziative online per accedere all’epigrafia latina. Il precursore delle risorse digitali per le Scienze dell’Antichità è il sito web, creato nel 1995 e ormai obsoleto, Rassegna degli Strumenti Informatici per lo Studio dell’Antichità Classica[4], diretto da Alessandro Cristofori. Da allora, sono stati creati molti siti web in relazione all’epigrafia antica: The Ancient World Online[5], sotto la direzione di Ch. E. Jones o Current Epigraphy, guidato da L. Calvelli, che offrono una piattaforma online in cui vi sono costanti aggiornamenti di dati e notizie su questo mondo. Molte risorse per lo studio e l’insegnamento dell’epigrafia sono offerte da T. Elliott e dal suo team del gruppo Epi-Dig Zotero[6] (Ramírez Sánchez et al. 2015: 376). Inoltre, nell’ultimo decennio un gran numero di università[7] e gruppi di ricerca hanno messo in rete i siti dei loro progetti relativi all’antichità classica.
Oltre alle risorse generali, è importante evidenziare due delle piattaforme digitali più importanti in questo contesto, ovvero il sito web del Centro CIL II e l’Archivo Digital Centro CIL II.
Il sito web del Centro CIL II[8] è attualmente è uno dei più visitati dai ricercatori che si occupano di epigrafia ispanica. Il sito web dipende dallo stesso Centro CIL II, che si trova presso l’Università di Alcalá dal 1997 in base a un accordo con l’Istituto Archeologico Tedesco. Tale Centro CIL II coordina i lavori della nuova edizione del volume Hispania del Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL II2) ed è una delle tre redazioni. Con più di trent’anni alle spalle, questo centro di ricerca ispano-tedesco svolge il processo di documentazione essenziale per l’edizione delle iscrizioni latine della Penisola Iberica di epoca antica e tardoantica (Gimeno 2010: 97). Esso raccoglie sistematicamente tutte le informazioni bibliografiche sulle iscrizioni latine antiche che costituiscono la base dell’archivio centrale dell’istituzione che attualmente contiene la documentazione di circa 22.000 iscrizioni.
Grazie a questo progetto è nato nel 1999 il sito web che ha come obiettivo quello di fornire l’accesso alla documentazione fotografica delle iscrizioni raccolte nei volumi del Conuentus Cordubensis (CIL II2/7), dell’Astigitanus (CIL II2/5) e della Tarraconensis Pars meridionalis (CIL II2/14) che, per motivi economici, non erano stati inclusi nell’edizione di questi corpora (Ramírez Sánchez et al. 2005: 51). Tra i componenti del gruppo incaricato di creare e mantenere il sito web ci sono ricercatori, assistenti e collaboratori del Centro CIL II, oltre a professori di diverse università spagnole e straniere e curatori del Museo Arqueológico Nacional (Gimeno 2010: 102). La pagina web offre fotografie di buona qualità e di grandi dimensioni oltre a fornire anche un collegamento diretto all’Epigraphische Datenbank Heidelberg per avere una visione dettagliata del testo di ciascuna iscrizione. Come complemento a queste risorse, gli utenti possono accedere in rete, nella sezione degli articoli on-line, alle ricerche svolte dal Centro CIL II mediante la consultazione di articoli gratuiti disponibili in formato PDF e anche alla collezione Fidel Fita, di incalcolabile valore, che è stata totalmente scannerizzata. Secondo le parole di H. Gimeno (2010: 98): “estamos pues todavía en la infancia de un potente instrumento con infinitas posibilidades para el taller epigráfico, que el Centro CIL II desde su instalación en la Universidad de Alcalá ha utilizado tanto en la investigación que desarrolla como en la difusión del conocimiento”.
Il Centro CIL II gestisce anche il progetto dell’Archivo Digital Centro CIL II[9] (ADCIL II) per l’epigrafia dell’Hispania. Questo è uno dei programmi più ambiziosi a cui il Centro sta attualmente lavorando: la digitalizzazione della sua collezione documentaria per creare un archivio digitale che contenga la documentazione conservata e che permetta ai ricercatori di accedervi online (Gimeno 2010: 115). La banca dati ADCIL II[10] si completa con le banche dati epigrafiche attualmente disponibili, strumenti indispensabili per l’epigrafista del XXI secolo, che contribuiscono ad aumentare significativamente il trasferimento delle conoscenze all’interno della comunità scientifica (Gimeno 2010: 116).
La rivoluzione informatica nell’epigrafia è iniziata trenta anni fa, mentre la pubblicazione di testi epigrafici si è sviluppata nel XX secolo parallelamente allo sviluppo tecnologico della stampa e della fotografia. Alla fine del XX secolo, gli epigrafisti hanno trovato un nuovo strumento per rendere le informazioni e le fotografie più accessibili, anche se ancora in modo limitato.
I progetti di epigrafia digitale sono stati la pietra miliare per lo studio e la diffusione dei testi antichi negli ultimi anni. Sia le istituzioni private che quelle pubbliche hanno sostenuto e sviluppato banche dati epigrafiche che permettono ai ricercatori e al pubblico in generale di accedere alle iscrizioni delle province dell’Impero romano da qualsiasi dispositivo atto alla navigazione web (Álvarez et al. 2010: 223).
Già nel 2009 H. Cayless, C. Roueché, T. Elliott e G. Bodard hanno pubblicato un articolo intitolato “Epigraphy in 2017” in cui hanno esposto le aspettative relative alle Digital Humanities e all’epigrafia per tale anno: Many epigraphists in the last 20 years have been investigating how to use digital capacities to serve their science; but until about 2000, these undertakings were restrained by aspects of the technology. The late 1990s will be seen as a watershed moment in the transition from print-based to born-digital epigraphic publication. At present, the majority of new editions are still published solely in print, but by 2017 we believe this circumstance will change drastically. The history of epigraphy makes it quite clear that such transitions are natural to the discipline. (Cayless, Roueché, Elliott, Bodard 2009)
Queste considerazioni fatte più di 10 anni fa non erano molto lontane dalla realtà attuale. Attualmente, i progetti di epigrafia digitale sono tra i più svariati: alcuni comprendono un piccolo numero di iscrizioni di un’area particolare, mentre altri includono solo iscrizioni selezionate in greco o latino (spesso concentrandosi su un aspetto cronologico, geografico o tematico), altri progetti più specifici si concentrano invece su un particolare tipo di iscrizione (Babeu 2011: 101). Comunque, all’apice delle Digital Humanities, fu necessario creare un sistema che permettesse l’edizione digitale delle epigrafi incorporando tutte le caratteristiche delle edizioni convenzionali. Attualmente, il più adatto e più utilizzato è EpiDoc (Gimeno 2018: 121).
EpiDoc[11] fu creato alla fine degli anni novanta da T. Elliott, all’epoca studente laureato in Storia antica presso l’Università del North Carolina (USA). T. Elliott pubblicò il suo lavoro iniziale sulla codifica epigrafica in XML[12] in risposta alla promulgazione da parte di S. Panciera e dei suoi colleghi di un manifesto che raccomandava la creazione di un “online, free and unrestricted database of all surviving Greek and Latin epigraphical texts produced down to the end of Antiquity”. Pertanto, il primo vero tentativo di creare una raccolta e una presentazione collettiva di tutte le iscrizioni latine (e greche) in un unico database fu fatto a Roma nel 1997 da S. Panciera, durante il XI Congresso Internazionale di Epigrafia Greca e Latina[13], in occasione della tavola rotonda sul tema “Epigraphy and Information Technology” (Eck 2017: 19).
Un momento decisivo è stato la riunione organizzata ad Aquileia e Trieste nel novembre 2003. A quel tempo venne abbandonata l’idea di unificare le iscrizioni greche e latine in un unico database a favore di un modello più pratico: la cooperazione di progetti di database che condividessero un portale comune mantenendo la loro autonomia (Bodel 2012: 285). Così fu creata la federazione Electronic Archive of Greek and Latin Epigraphy[14] (EAGLE) e da esso tre banche dati digitali: Epigraphische Datenbank Heidelberg (EDH), Epigraphic Database Roma (EDR) e Epigraphic Database Bari (EDB). A queste se ne sono aggiunte più tardi altre due: Hispania Epigraphica Online (HEpOl) e Epigraphik-Datenbank Clauss/Slaby (EDCS). I database collaborano e condividono i dati EDCS, ma includono più informazioni, aggiungendo dati descrittivi, riferimenti geografici aggiornati, correzioni, fotografie o autopsie, oltre a bibliografia e immagini (Elliot 2015: 81).
EAGLE è quindi una rete che riunisce le principali istituzioni e gli archivi europei nel campo dell’epigrafia classica latina e greca per fornire a Europeana una collezione completa di fonti storiche uniche. In particolare, fornisce iscrizioni di 25 paesi dell’UE, con più di 1,5 milioni di immagini e relativi metadati, comprese le traduzioni di testi selezionati. Questo rappresenta circa l’80% del numero totale di iscrizioni nell’area mediterranea (Daley 2013).
Geza Alföldy divenne il promotore dell’idea di ottimizzare il lavoro dell’epigrafista utilizzando le risorse informatiche a sua disposizione. A tal fine, ottenne una generosa borsa di ricerca quinquennale, il Gottfried-Wilhelm-Leibniz-Preises, per finanziare la creazione di un database elettronico di iscrizioni antiche (Gómez-Pantoja 2010: 80). Il risultato di questa iniziativa fu la creazione del database Epigraphische Datenbank Heidelberg[15] (EDH), con una prima idea di andare a sostituire il CIL. Non sorprende che questa banca dati sia stata la promotrice di EAGLE, la confederazione di banche dati promossa dall’Association Internationale d’Épigraphie grecque et latine.
EDH è considerata la madre delle banche dati digitali sulle iscrizioni latine, fondata nel 1986, sotto la struttura di EAGLE da G. Alföldy nel 1986 e diretto dal 2006 da Christian Witschel (Bodel 2012: 286). È uno dei più grandi database digitali: 79.805 registrazioni, 38.900 foto rispetto al totale di 56.000 registrazioni e 14.000 foto del 2013. Il database è composto di tre sezioni: epigrafia, bibliografia e fotografia. L’aspetto più significativo di questo database è l’accuratezza con cui è stato creato, in quanto ogni iscrizione è stata accuratamente controllata e poi pubblicata con l’intento di renderla visibile e accessibile al grande pubblico. Inoltre, in molte occasioni, EDH offre una buona riproduzione fotografica delle iscrizioni e, per tutte le caratteristiche sopra citate, in particolare per la sua completezza, è una banca dati essenziale nel panorama epigrafico.
In seguito all’iniziativa di G. Alföldy, la Epigraphik-Datenbank Clauss/Slaby[16] (EDCS) è stata creata da Manfred Clauss e W. Slaby. L’EDCS seguiva una filosofia diversa da quella sostenuta da G. Alföldy: un database semplice, con documenti contenenti solo dati di identificazione bibliografica, il testo e il luogo di ritrovamento (Gómez-Pantoja 2010, 82). Come il precedente, anch’esso raccoglie migliaia di immagini, ma senza la stessa qualità di quelle disponibili in EDH. Per la ricerca nel database si possono utilizzare i seguenti parametri: pubblicazione, provincia, località o, soprattutto, inserendo un termine specifico (in combinazione con gli altri parametri) che facilitano la ricerca e permettono di ottenere liste di iscrizioni soggette a una ricerca definita. Ad oggi contiene più di 519.109 iscrizioni raccolte da 22.232 località e 190.801 fotografie. EDCS è impostato come un motore di ricerca e generalmente fornisce solo il testo con i supplementi di base, citando i corpora o le pubblicazioni corrispondenti. Inoltre, l’EDCS è responsabile dell’aggiunta di fotografie costantemente aggiornate (Elliot 2015: 80).
Inoltre, è importante sottolineare il ruolo svolto dalla banca dati Hispania Epigraphica Online[17] (HEpOl) nella compilazione e nella ricerca di iscrizioni della Penisola Iberica. Associato dal 2002 al progetto internazionale Ubi erat lupa, HEpOl ha iniziato il suo percorso su Internet alla fine del 2005, attraverso la creazione di un portale progettato da un gruppo di lavoro dell’Università di Salisburgo che ha coinvolto vari specialisti di diverse nazionalità (Ramírez Sánchez 2010: 26). Infatti, il database è il risultato della collaborazione di un gruppo austro-spagnolo, in cui la parte spagnola ha contribuito a delineare le esigenze del database e la documentazione dell’Archivio Epigrafico della Hispania. La parte austriaca ha invece contribuito con applicazioni basate su codice open source applicate a discipline legate allo studio, alla conservazione e alla divulgazione del patrimonio culturale, con particolare attenzione all’archeologia (Gómez-Pantoja 2010: 86). Nell’autunno 2008 HEpOl è diventato parte del consorzio EAGLE, riconoscendo il suo consolidamento come banca dati di riferimento per l’epigrafia iberica.
Un altro progetto in corso è il database Programme d’Enregistremenet, Traitement et Reconnaissance Automatique en Épigraphie[18] (PETRAE) creato da A. Bresson, diretto da M. Navarro Caballero e con sede presso l’Institut Ausonius di Bordeaux. PETRAE è un database di nuova creazione per la registrazione di iscrizioni latine e greche che raccoglie testi epigrafici provenienti da varie regioni. Nel 2012, al fine di favorire lo sviluppo scientifico dei corpora e agevolare lo scambio e la diffusione dei dati, si è deciso di esportare automaticamente i dati della scheda PETRAE in formato XML, in conformità con le norme TEI P5 (Text Encoding Initiative) ed EpiDoc (Epigraphic Documents in TEI-XML) sviluppate per la pubblicazione elettronica di testi antichi greci e latini. Attraverso questa operazione, il gruppo di ricerca e la sua rete di collaboratori stanno lavorando alla fruizione online dei dati PETRAE esistenti, nonché alla registrazione e alla pubblicazione di testi epigrafici provenienti da diverse aree studiate dai membri dell’Istituto Ausonius. Esse sono principalmente l’Aquitania, la Penisola Iberica, l’Africa (Tunisia), l’Asia Minore e l’Italia. I ricercatori dell’Istituto Ausonius collaborano con la comunità scientifica internazionale nell’ambito dell’Archivio elettronico di epigrafia greca e latina (EAGLE) dell’Associazione internazionale di epigrafia greca e latina (AIEGL). Proprio grazie a tale collaborazione, i documenti epigrafici raccolti nell’ambito del programma PETRAE sono accessibili al grande pubblico.
Tutte le banche dati menzionate aggiornano costantemente i loro contenuti sotto la guida del consorzio EAGLE. Proprio tale consorzio nel 2013 ha ottenuto un’importante sovvenzione dal Programma di sostegno alle politiche ITC della Commissione europea per creare una “rete di buone pratiche” finalizzata alla produzione di un portale unico e di facile utilizzo per le iscrizioni del mondo greco-romano (Elliot 2015: 81).
Ad oggi ci sono molte banche dati digitali[19] che raccolgono lo studio delle iscrizioni latine. La loro consultazione è però un mezzo e non una fonte diretta, in quanto i ricercatori dovranno consultare le pubblicazioni originali per accedere a tutti gli strumenti critici, ai commenti, alle analisi e alle altre informazioni. Come afferma H. Gimeno (2018: 120), “es la obligación de los epigrafistas adaptarse a estas nuevas herramientas tecnológicas que van creciendo y añadiendo nuevos recursos que complementan las autopsias y que, poco a poco, irán sustituyendo al papel”.
Analogamente si è evidenziato il potenziale delle tecnologie digitali per lo studio della geografia nel contesto più ampio delle Digital Humanities e con un focus specifico sulla geografia classica e l’archeologia[20] che è stato recentemente fornito da S. Dunn (2010). Dunn osserva che le tecnologie digitali stanno supportando quella che lui definisce “neogeografia”, una disciplina che è collaborativa e include nuovi tipi di strumenti e metodi, ma che presenta anche le proprie sfide (Babeu 2011: 89). La difficoltà di non limitarsi a digitalizzare o rappresentare online gli oggetti di studio tradizionali, ma di trovare nuovi modi di utilizzare questi strumenti per condurre ricerche innovative, creare nuove conoscenze e rispondere a nuove domande è un tema ricorrente in tutte le discipline dei classicisti digitali (Babeu 2011: 90). Questi strumenti hanno rappresentato un grande contributo e aiuto allo sviluppo della ricerca negli ultimi anni.
La prima risorsa cartografica corrisponde all’Ancient World Mapping Center[21] (AWMC), un centro interdisciplinare dell’Università della Carolina del Nord-Chapel Hill (USA) che cerca di promuovere la cartografia, la geografia storica e la scienza dell’informazione geografica come discipline fondamentali nel campo degli studi antichi attraverso attività innovative e collaborative di ricerca, insegnamento e sensibilizzazione della comunità. Questo sito web comprende un gran numero di risorse per i ricercatori, tra cui pubblicazioni, fonti web e brevi articoli di ricerca scritti dal personale dell’AWMC. Uno degli strumenti più utili di questa piattaforma è la possibilità di ottenere e scaricare gratuitamente mappe del mondo classico.
Il Progetto Pleiades[22] è un lavoro congiunto dell’AWMC, dell’Institute for the Study of the Ancient World (ISAW) e del Consorzio Stoa ed è diventato una delle più grandi risorse digitali sulla geografia classica. Il sito web di Pleiades consente agli studiosi, siano essi accademici o studenti, o agli appassionati del argomento di condividere e utilizzare le informazioni geografiche sul mondo classico. Uno dei principali obiettivi del progetto consiste nella creazione di un dizionario digitale del mondo antico che sia continuamente aggiornato e che possa essere utilizzato per supportare altri progetti e pubblicazioni digitali. Inoltre, Pleiades comprende i contenuti del progetto Atlante classico, un’ampia collaborazione internazionale che ha portato alla pubblicazione dell’Atlante Barrington del mondo greco e romano. In effetti, i creatori di Pleiades vedono il sito web come un modo permanente di aggiornare le informazioni online di Barrington. La caratteristica di accesso libero di Pleiades e la possibilità di collegarsi a singoli siti al suo interno ne fanno una fonte di grande valore da integrare con altri progetti digitali di numismatica, epigrafia e papirologia, o con qualsiasi risorsa digitale che faccia uso di nomi di luoghi storici del mondo antico. Pleiades sta collaborando attivamente con altri progetti attraverso l’iniziativa Concordia, con l’intenzione di integrare i suoi contenuti con altri progetti digitali e, come afferma A. Babeu (2011: 92) “desarrollar mecanismos basados en estándares para la búsqueda geográfica de proyectos cruzados”.
La fusione delle due piattaforme ha portato alla creazione dell’applicazione Antiquity À-la-carte[23]. Si tratta di un sito web basato su un’interfaccia GIS e un atlante digitale interattivo del mondo antico, con dati storici, culturali e geografici accurati prodotti dall’AWMC, oltre all’insieme delle caratteristiche del Progetto Pleiades. Sulla mappa si possono effettuare ricerche personalizzate, consentendo la creazione di nuove mappe a partire dalla Grecia arcaica fino ed oltre alla tarda antichità.
Di minore scala, ma di grande interesse per osservare l’evoluzione del mondo digitale nelle piattaforme di informazione geografica applicate all’antichità, vi sono altre fonti elletroniche. La prima è Pelagios Commons[24], una risorsa web che fornisce una grande quantità di dati sulla geografia del mondo classico. Sotto la sua egida vi è poi la piattaforma digitale Digital Atlas of the Roman Empire[25] dell’Università di Lund. Infine, il sito web The Digital Atlas of Roman and Medieval Civilizations (DARMC)[26], creato dall’Università di Harvard nel 2007, che offre una serie di mappe e geodatabase relativi a molteplici aspetti della civiltà romana e medievale. Recentemente è stata anche creata la piattaforma The Stanford Geospatial Network Model of the Roman World (ORBIS)[27] presso l’Universita di Stanford, un modello basato su una versione semplificata della gigantesca rete di città, strade, fiumi e rotte marittime che caratterizzava gli spostamenti attraverso gli estesi territori dell’Impero romano
In aggiunta ai siti web utilizzati nel corso della ricerca per completare lo studio effetuato, molto diffuso è l’uso di uno dei più noti sistemi informatici applicati alle scienze geografiche, il GIS (Geographic Information System): A GIS is a computer system capable of capturing, storing, analyzing, and displaying geographically referenced information; that is, data identified according to location. Practitioners also define a GIS as including the procedures, operating personnel, and spatial data that go into the system (Sexto 2019).
Il primo software GIS fu creato con finalità militari nel 1978 e solo alla fine degli anni novanta i GIS sono diventati ampiamente disponibili per il vasto pubblico (Moscati 1998: 191). La prima esperienza nella disciplina archeologica fu alla fine degli anni ottanta e all’inizio degli anni novanta. Nel caso dell’epigrafia, questo software di riferimento geospaziale ha fornito risorse per studiare la topografia, la distribuzione della popolazione o le stesse iscrizioni, aumentando così l’accuratezza delle ricostruzioni (Grossi 2011: 104).
Un altro aspetto che è stato affrontato in questi ultimi anni è l’uso della fotogrammetria, la digitalizzazione e l’uso di laser scanner nella disciplina epigrafica. Lo studio dei monumenti iscritti è uno dei problemi affrontati dagli epigrafisti per porre in relazione una riproduzione adeguata dell’iscrizione e al valore del monumento siltesso. È vero che attraverso il metodo tradizionale si possono ottenere risultati ottimi, ma a seconda dello stato di conservazione dell’iscrizione, tali circostanze possono limitare uno studio accurato e corretto (Buonopane 2009: 124). Per questo motivo, si farà ora una breve rassegna delle nuove tecniche digitali che nell’ultimo decennio hanno permesso una migliore riproduzione delle iscrizioni e hanno fatto luce su tale ricerca.
Tra le ragioni della superiorità del mezzo digitale rispetto a tutti i precedenti c’è l’uso della fotografia per la ricerca epigrafica. Infatti, la digitalizzazione delle immagini in combinazione ai molteplici strumenti web ha dato vita alla diffusione di fotografie di buona qualità a basso costo. I progressi nel campo della fotografia digitale hanno contribuito alla specializzazione dei ricercatori che delle ricercatrici proprio sul funzionamento della macchina fotografica e sull’elaborazione delle immagini digitali, cosa che in pasato era di dominio solo dei fotografi professionisti. L’immagine bidimensionale offre un quadro limitato che fornisce dati sulla visione dell’altezza e della larghezza dei monumenti, di quegli elementi interessanti che possono essere rilevanti sia sulla parte posteriore che superiore, il che rende necesario l’inserimento di più di una fotografia nello studio.
Per questo motivo, negli ultimi anni lo sviluppo di strumenti e applicazioni in grado di creare modelli 3D fotorealistici di oggetti, o architetture, siti archeologici, opere d’arte, persino interi paesaggi, è ormai una realtà consolidata (Mittica et al. 2014: 401). A differenza dell’immagine bidimensionale, la tecnologia di digitalizzazione e modellazione 3D permette ai ricercatori di percepire una realtà tridimensionale del supporto epigrafico[28], grazie alla quale è possibile ottenere una ricostruzione visiva molto fedele alla realtà del suo aspetto attraverso lo schermo del computer (Ramírez Sánchez et al. 2015: 372), cosa che ha senza dubbio aiutato il lavoro dell’epigrafista.
I metodi tradizionali utilizzati per la ricostruzione delle iscrizioni (disegno lineare, fotografia, stampi, frottage), anche quando danno buoni risultati, presentano una serie di limiti legati alla forma del supporto (che può avere una superficie curva o irregolare), allo stato di conservazione (soprattutto delle iscrizioni esposte alle impossibilità), l’impossibilità di adattare l’esposizione dell’oggetto a una luce adeguata, all’interpretazione soggettiva dell’interprete del rilievo, al rischio di danneggiare ulteriormente l’oggetto (lasciando segni evidenti o macchie di frottage e muffa) o ai lunghi tempi di preparazione e/o esecuzione della rappresentazione.
I molteplici vantaggi della realizzazione tridimensionale includono: la possibilità di misurare, ruotare, zoommare o illuminare virtualmente l’oggetto, riproducendo così tutti i possibili punti di vista; la facilità di memorizzare i dati in formato digitale, senza essere soggetti a degrado e senza bisogno di spazio di archiviazione; la facilità di duplicazione e condivisione.
In Spagna, l’uso di questa tecnologia si è riflessa nella creazione di due progetti: l’implementazione di gallerie online in cui è possibile visualizzare le iscrizioni raccolte attraverso la modellazione 3D dal Museo Arqueológico Nacional[29] (Madrid) e dal Museo Nacional de Arte romano[30] (Mérida). Entrambi si sono rivelati molto utili poiché alcune delle iscrizioni raccolte nel corpus fanno parte del catalogo 3D online che si può consultare. Ma che cosa quindi ha apportato questa tecnologia? Indubbiamente una migliore riproduzione dell’immagine rispetto alla fotografia convenzionale che, a lungo termine, arricchirà le banche dati epigrafiche[31] e lo stesso insegnamento dell’epigrafia (Ramírez Sánchez et al. 2015: 371).
Anche se ci sono stati progressi nella modellazione delle iscrizioni e nella tecnologia di scansione, tuttavia non si sono ancora consolidati nella ricerca epigrafica, soprattutto a causa dei costi di utilizzo di tecnologie come il laser e lo scanner, sperimentate poco meno di quindici anni fa[32].
Il laser scanner è un metodo di scansione tridimensionale, attualmente utilizzato nell’ingegneria civile, in topografia e in architettura che trova largo impiego nei beni culturali (Buonopane et al. 2006: 379). Essendo un metodo innovativo, il suo uso presenta grandi vantaggi tra cui il principale è una riproduzione molto più affidabile degli oggetti e un’immagine tridimensionale molto più completa. Inoltre, allo stesso modo della modellazione 3D, consente una rapida diffusione del supporto digitale , anche sul web.
Inoltre, è utile sottolineare anche l’importanza che ha avuto negli ultimi anni l’applicazione della tecnica Morphological Residue Model (MRM) creata da H. Pires. La M.R.M. permette di migliorare la lettura epigrafica, rappresentando simultaneamente un metodo efficace e a basso costo per la conservazione del patrimonio. Utilizza dati di scansione 3D precisi per creare riproduzioni digitali degli oggetti, consentendo di calcolare vari tipi di visualizzazioni che sarebbero impossibili sulla superficie fisica degli oggetti. Allo stesso tempo, tutti i dati raccolti costituiscono un’importante documentazione per le ricerche future e per la conservazione dell’oggetto archeologico stesso.
Lo studio pionieristico è stato il Proyecto de Investigação e Conservação Patrimonial attraverso il quale è stata condotta la ricerca Diis Deabus Omnibus. O Santuário rupestre de Panóias (Correia et al. 2014). In questo studio sono state utilizzate per la prima volta tecnologie di digitalizzazione e filtraggio tridimensionale per il rilievo e la rappresentazione dettagliata di tutte le strutture rocciose, a livello topografico e fotogrammetrico (Correia et al. 2014: 201). Siccome l’insieme delle iscrizioni di Panoias (Portogallo) è stato oggetto di ripetuti studi, l’uso del filtraggio tridimensionale dei dati, effettuato meno di sei anni fa utilizzando il Morphological Residue Model (MRM), ha permesso non solo di correggere alcune letture precedenti, ma anche di far progredire la conoscenza dell’ambito del culto stesso (Correia et al. 2014: 198). I risultati hanno permesso di rivedere le interpretazioni precedenti, rendendo evidente il contributo fondamentale di questo metodo per migliorare le letture epigrafiche, anche su superfici con forte erosione. Questo progetto ha costituito un precedente nell’uso della scansione laser applicata alla disciplina epigrafica nella Penisola Iberica, una scienza ancora in fase di sviluppo che si prevede sarà di grande utilità nel breve periodo.
In generale, è opinione comune che “la historia, los historiadores y los humanistas pertenecen a la cultura escrita, tanto porque tradicionalmente han desarrollado sus que haceres con textos, con documentos, como porque el resultado de sus trabajos se concreta en un proceso de escritura” (Pons 2013: 27). Questo metodo è in vita da secoli e la sua trasformazione, tutt’ora in corso, è andata in parallelo con l’emergere di nuove piattaforme tecnologiche, soprattutto Internet. Sebbene molti abbiano considerato questa rivoluzione tecnologica come un generatore di strumenti annessi alla metodologia dello storico o dell’umanista, la verità è che, se le si analizza in profondità, i cambiamenti che hanno avuto luogo nelle discipline umanistiche come risultato dei nuovi metodi di comunicazione e produzione sono molto più profondi di quanto si possa osservare ad un primo sguardo.
Questi nuovi strumenti digitali, che si sono consolidati e sviluppati negli ultimi anni, sono un mezzo ma non un fine in sé, in quanto forniscono visibilità alla diffusione dell’attività accademica, oltre a svolgere un ruolo di mediazione tra nuove fonti e modalità di visualizzazione della conoscenza.
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